L’addebito della separazione a uno dei coniugi può scattare anche sulla base di indizi. Anzi, il ricorso a elementi presuntivi, a patto che siano gravi, precisi e concordanti, è quasi un percorso probatorio obbligato per il giudice che è chiamato a stabilire la verità processuale in materia di rapporti familiari, nei quali contano vicende private o addirittura intime. E dunque pesano, ad esempio, le relazioni dei servizi sociali o delle persone che depongono su fatti e circostanze che hanno appreso da chi ha proposto il giudizio. Basta, poi, un solo episodio di percosse a far scattare l’addebito: non si può quindi ignorare la testimonianza dell’operatrice del centro antiviolenza che ha trovato la moglie «molto provata». Così la Corte di cassazione civile, sez. prima, nell’ordinanza n. 10021/2025.
È accolto il ricorso proposto dalla signora: sbaglia la Corte d’appello a revocare l’addebito, sul rilievo che la pronuncia a carico del marito non potrebbe essere giustificata dalle lievi lesioni riscontrate sul corpo della moglie nel certificato medico del pronto soccorso, laddove il giudice penale ha archiviato la denuncia della moglie; il tutto, osserva il giudice di secondo grado, mentre la signora non s’è mai decisa ad andarsene di casa «nonostante le violenze che afferma di aver subito»: circostanza che, invece, il Tribunale ha ritenuto «elemento tipico e ricorrente nella letteratura dei casi di violenza domestica» in quanto «espressione della condizione di fragilità di chi la subisce».
Trova ingresso la censura secondo cui la condotta violenta del marito può essere desunta dagli elementi emersi, anche se non c’è percezione diretta da parte dei testimoni: oltre alla deposizione dell’operatrice del centro antiviolenza c’è il referto ospedaliero che indica la presenza di graffi sul braccio della donna. E i singoli fatti accertati devono essere valutati nel quadro complessivo dell’istruttoria. Un solo episodio di percosse fa scattare l’addebito perché è una condotta che «sconvolge definitivamente l’equilibrio della coppia» in quanto lede la pari dignità di ogni persona e rende intollerabile la convivenza fra i coniugi, a prescindere dagli effetti più o meno gravi delle percosse.
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