GLI ACCORDI PREMATRIMONIALI TRA GIURISPRUDENZA ITALIANA E PROPOSTE DI LEGGE.

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Gli accordi prematrimoniali, diffusi nel mondo anglosassone, ma sino ad oggi banditi nel nostro ordinamento per nullità della causa, sono dei contratti sottoscritti dai coniugi con cui questi ultimi disciplinano anticipatamente i propri rapporti patrimoniali in vista di un’eventuale separazione o divorzio. Il fine a cui tendono è esattamente quello di evitare che la trattazione delle conseguenze patrimoniali della separazione o del divorzio avvenga nella fase patologica del matrimonio, fase in cui difficilmente si potrebbe raggiungere un accordo che, sia pur contemperando le esigenze di entrambi i coniugi, sia realmente in grado di soddisfarle.

La proposta di legge n. 2669 depositata nel 2014 avente ad oggetto proprio gli accordi prematrimoniali, a distanza di ben due anni dal suo deposito, è finalmente giunta in discussione alla Camera, aprendo un ulteriore spiraglio per l’Italia verso una tendenza, manifestatasi già a livello europeo in ambito internazional-privatistico, di valorizzazione dell’autonomia privata.

Nello specifico, in tema di giurisdizione e legge applicabile alla separazione e divorzio, il regolamento (UE) n. 1259/2010 del Consiglio del 20 dicembre 2010 ha introdotto l’opportunità per i coniugi di stabilire, con un preventivo accordo, la legge applicabile alla separazione o al divorzio, tanto al fine non solo di garantire una certezza del diritto, ma anche di evitare ulteriori contenziosi giudiziari.

Il percorso tutto italiano di adeguamento alla tendenza di valorizzazione dell’autonomia privata ha trovato una sua prima concretizzazione nella legge “Cirinnà” n. 76/16 che, introducendo nel nostro ordinamento i c.d. “contratti di convivenza”, ha consentito alle coppie non sposate di regolamentare la propria vita in comune.

Proprio in quest’ottica va inquadrata l’apertura del Parlamento, che il 23 febbraio 2017 ha finalmente dato il via all’esame della proposta di legge Morani-D’Alessandro.

Il D.D.L. all’esame della Commissione Giustizia alla Camera, salvo eventuali modifiche, allo stato attuale prevede, con l’introduzione dell’art 162 bis c.c.,  la possibilità per i futuri coniugi di stipulare davanti a un avvocato, ricorrendo alternativamente alle convenzioni matrimoniali ex art. 162 c.c. o alla negoziazione assistita tra avvocati, dei contratti prematrimoniali volti a disciplinare l’eventuale separazione o divorzio.

Oggetto dell’accordo prematrimoniale sono gli aspetti patrimoniali che possono essere regolamentati prevedendo l’attribuzione a uno dei due coniugi di una somma di denaro periodica o di una somma di denaro una tantum; ovvero di un diritto reale su uno o più immobili anche con il vincolo di destinare i proventi al mantenimento dell’altro coniuge o al mantenimento dei figli fino al raggiungimento della loro indipendenza economica.  In ogni caso le attribuzioni patrimoniali, come previsto nella proposta di legge, non possono eccedere più della metà del proprio patrimonio.

Sempre all’interno del suddetto accordo è possibile anche inserire la rinuncia a essere mantenuti dall’altro futuro coniuge, a eccezione del diritto agli alimenti ex artt. 433 e ss c.c., ovvero prevedere il trasferimento all’altro coniuge o a terzi di diritti o beni destinati al mantenimento, al sostegno o alla cura di figli con disabilità vita natural durante o sino al permanere dello stato di bisogno, di menomazione o di disabilità.

Il legislatore ha inoltre previsto la possibilità di stabilire un criterio di adeguamento automatico del valore delle attribuzioni patrimoniali individuate negli accordi prematrimoniali in modo da adattare tali attribuzioni al momento in cui l’accordo produrrà i suoi effetti.

Nel caso in cui oggetto dell’accordo sia il mantenimento anche dei figli minori o non ancora economicamente autosufficienti il D.D.L. prevede la imprescindibile autorizzazione del Procuratore della Repubblica del Tribunale competente, che nel caso di diniego dovrà debitamente motivare, invitando le parti a una riformulazione del contenuto. In presenza poi di un successivo diniego della proposta riformulata, lo stesso diniego sarà definitivo.

All’interno dei suddetti accordi prematrimoniali e in deroga al divieto dei patti successori e alle norme in tema di riserva del coniuge legittimario, è possibile anche regolamentare quanto ricevuto dagli stessi coniugi per successione, fatti salvi i diritti degli altri legittimari.

Tali patti potranno poi essere modificati in qualsiasi momento, anche in costanza di matrimonio, purchè prima del deposito del ricorso per separazione personale o della sottoscrizione della convenzione di negoziazione assistita o della conclusione dell’accordo ex art. 6 e 12 del D. Lgs. n. 132/14.

I giudici, inoltre, dovranno tenere conto di quanto indicato nei patti prematrimoniali siglati e questi ultimi dovranno essere richiamati all’interno del ricorso di separazione e divorzio.

Infine, dando uno sguardo al panorama giurisprudenziale formatosi sull’argomento nel corso degli anni, è facilmente intuibile come l’orientamento prevalente della Corte di Cassazione sia quello che ritiene nulli i patti prematrimoniali.

Una prima pronuncia della Cassazione, I Sez., risalente all’11 giugno 1981, la n. 3777, afferma la nullità per illiceità della causa ritenendo tali patti incompatibili con l’indisponibilità dello status di coniuge e di alcuni diritti spettanti a seguito della separazione o del divorzio, quale, primo tra tutti, il diritto all’assegno divorzile, soprattutto in considerazione della sua natura assistenziale.

Più recentemente la Corte di Cassazione, con una serie di pronunce (cfr. ex multis Cass. civ., I Sez., n. 8109/2000, Cass. Civ., I Sez., n. 5302/2006 e Cass. civ., I Sez, n. 17634/2007), ha leggermente modificato le proprie vedute, stabilendo che i patti patrimoniali volti a quantificare preventivamente l’assegno divorzile non sono affetti da nullità assoluta, ma relativa, così precludendo al solo coniuge economicamente più forte di invocarne la nullità.

Una maggiore apertura verso il riconoscimento dell’autonomia privata dei coniugi si è avuta con la sentenza n. 237113 del 2012 in cui la Suprema Corte, I Sezione Civile, ha riconosciuto validità al contratto con cui la futura moglie si impegnava a trasferire all’altro coniuge un immobile, quale indennizzo per le somme da questo ultimo impiegate per ristrutturare un immobile di proprietà della donna adibito a casa coniugale.

Nonostante queste parentesi di apertura verso la fattispecie dei patti prematrimoniali e fino all’eventuale approvazione della proposta di legge Morani-D’Alessandro, ad oggi è ancora del tutto pacifico che tali patti siano da considerarsi nulli per il nostro ordinamento, così come ribadito anche dalla recente sentenza della Corte di Cassazione, I Sez. Civ., n. 2224 del 30 gennaio 2017.

Avv. Antonietta Stasi – Componente Consiglio Direttivo AMI Lecce

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