610 mila divorziati pagano ancora la casa coniugale

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 Un divorzio non è solo la fine di una famiglia ma è anche la fine di uno standard di vita. L’elemento economico più pesante è la perdita della casa coniugale per la quale spesso si sta ancora pagando il mutuo. In questa condizione si trovano 610.000 divorziati. La maggioranza, 362.000, sono uomini, le donne sono 248.000. Su cento donne separate il 18% paga ancora il mutuo, su 100 uomini separati lo paga il 28%. E’ quanto risulta dall’indagine Demoskopea condotta per Immobiliare.it su un campione di 2,7 mln di divorziati.

Per i divorziati, l’anno economicamente più difficile è il primo anno dal divorzio quando più della metà dei separati (54,7%) sta ancora pagando il mutuo della casa. Fortunatamente dopo 5 anni la percentuale è crollata al 5,4%. Un altro aspetto negativo per i separati è la difficoltà di riuscire a trovare un secondo mutuo per l’acquisto di una nuova abitazione. Dopo la fine del matrimonio più della metà delle persone prova a chiedere un nuovo mutuo alle banche (46,2% del campione, equivalente a 1.248.000 persone), ma quasi la metà di loro si è visto negare la concessione. Il 42,2% dei divorziati denuncia una condizione economica peggiorata dopo la separazione, soprattutto durante il primo anno (45,3%) e proprio l’impossibilità di far fronte alle spese di una nuova casa spiegano come mai, nei primi dodici mesi successivi alla fine del matrimonio, il 57,8% dei separati dichiari di abitare ancora sotto il tetto coniugale. La condizione di separati in casa è equamente divisa fra uomini (51,5%) e donne (48,5%). Se in molti casi, quando la coppia scoppia, la soluzione abitativa preferita è quella dell’affitto di un’altra casa (26,6% dei separati da meno di un anno), è importante evidenziare come addirittura il 10,9% dei separati sia costretto a tornare a vivere nella casa dei propri genitori, dimostrando come la famiglia di origine sia, in caso di separazione, un’ancora di salvezza anche economica tanto per gli uomini quanto per le donne visto che, nell’uno come nell’altro caso la percentuale di quelli che tornano in casa coi genitori è identica.

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