Niente comunione per i titoli acquistati con risorse proprie

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 Restano personali i titoli acquistati con i proventi della vendita di un immobile di proprietà esclusiva. Cadono in comunione, invece, gli importi impiegati per acquistare beni che concorrono a formare il patrimonio di entrambi i coniugi. A puntualizzarlo è la Cassazione, sezione prima civile, con la sentenza 19454/2012. 

Protagonista della vicenda una donna che, a seguito di sentenza irrevocabile di separazione, decide di chiedere al giudice lo scioglimento della comunione legale, che ha per oggetto un immobile e alcuni titoli. Il tribunale, accertata la comproprietà dell’appartamento, ne dispone la vendita per poi spartire il ricavato in parti uguali. Stessa sorte per i valori mobiliari, con condanna del coniuge alla restituzione della metà all’ex moglie.
Ma l’uomo impugna la pronuncia: l’immobile – rileva – non è mai caduto in comunione, poiché comperato con il ricavato della vendita di un bene di sua esclusiva proprietà. Di qui, la richiesta della restituzione delle somme prelevate dal suo patrimonio e poi investite. Per le stesse ragioni, l’uomo pretende che gli sia riconosciuta la piena titolarità dei valori acquistati con personali risorse.
La Corte d’appello, però, accoglie solo parzialmente le sue domande: al momento della traslazione, precisa, non sono sono state osservate le prescrizioni dell’articolo 179, comma 2, del Codice civile – espressa dichiarazione sulla natura personale delle somme impiegate per l’acquisto e partecipazione dell’altro coniuge – che avrebbero consentito di salvare il bene dalla comunione. L’immobile, pertanto, va senz’altro dichiarato bene comune, così come gli importi usati per l’acquisto, dei quali si nega la restituzione all’appellante. Viene soddisfatta, invece, la richiesta dell’uomo circa il riconoscimento dell’esclusiva titolarità dei valori mobiliari, frutto di un suo personale investimento. Di opposto avviso è la coniuge, che propone ricorso, insistendo per la caduta in comunione anche dei titoli, siccome non espressamente esclusi da tale regime legale.
La Cassazione non concorda con la ricorrente. In base all’articolo 179, comma 1, lettera f), gli acquisti effettuati con il prezzo del trasferimento dei beni personali – spiega il collegio – conservano «tale qualità purché ciò sia espressamente dichiarato» nel l’atto di compravendita. Tuttavia, la norma si riferisce a «beni diversi da quelli immobili e mobili registrati». Ed è solo per questi ultimi che il comma 2 dell’articolo 179 del Codice civile richiede sia la partecipazione dell’altro coniuge alla traslazione, sia il «concorde riconoscimento della natura personale del bene e l’effettiva sussistenza di una delle cause di esclusione della comunione» indicate tassativamente nel Codice. Il legislatore, pertanto, ha distinto il regime giuridico relativo ai beni mobili, da quello degli immobili, escludendo solo per i primi la necessaria condizione della partecipazione dell’altro coniuge all’acquisto (indispensabile, invece, per le traslazioni immobiliari). Inoltre – concludono i giudici di legittimità – la dichiarazione indicata nella lettera f) dell’articolo 179, comma 1, del Codice civile non occorrerebbe se fosse provata con certezza la provenienza delle risorse per l’atto traslativo dal trasferimento di beni personali. Così, nel caso concreto, pur caduto in comunione l’immobile acquistato dal coniuge con denari propri, sui titoli – accertata la natura personalissima delle somme usate dall’uomo per gli investimenti – egli aveva conservato l’esclusiva proprietà.

IL SOLE 24 ORE

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