CASSAZIONE: ALIMENTI, EX MOGLIE RIFIUTI LAVORO IN NERO

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L’ex moglie deve rifiutare il lavoro “in nero”, anche se questo significa non poter abbassare l’assegno di mantenimento a lei dovuto dal marito. La sentenza n° 4312/2012 della Corte di Cassazione interviene nella vicenda legale che vede opporsi una coppia di ex-coniugi in lite per gli alimenti.


Al centro della controversia la condizione lavorativa della ex sposa, una donna proveniente dall’Europa dell’Est, che prestava servizio come collaboratrice domestica. In seguito alla separazione, l’ex marito, un impiegato abruzzese, doveva versare ogni mese in favore della donna un assegno di mantenimento. L’uomo, che ha un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, era ricorso alla Corte d’Appello dell’Aquila, chiedendo che gli alimenti venissero ridotti da 450 a 200 euro mensili. Il giudice aveva dato l’ok alla decurtazione nonostante la donna avesse fatto presente di essere stata licenziata e di essere, dunque, disoccupata. L’ex marito, infatti, sosteneva che, seppure attualmente senza lavoro, la donna avrebbe potuto comunque trovare un’altra occupazione, anche “in nero”. Il giudice aveva appoggiato questa tesi, ribadendo a sua volta che l’ex moglie avrebbe potuto trovare un lavoro che le fornisse un guadagno, anche senza un contratto regolare.
Ricorsa alla Corte di Cassazione, la donna ha ottenuto giustizia: gli ermellini non hanno condiviso l’orientamento espresso nel giudizio di secondo grado e hanno ordinato la revisione della decurtazione sull’assegno di mantenimento. “La comparazione dei redditi e delle potenzialità di reddito delle parti, al fine della determinazione dell’assegno di mantenimento – hanno chiarito i supremi giudici – non può utilizzare l’argomento per cui la donna potrebbe comunque procurarsi da guadagnare ricorrendo al mercato del lavoro domestico in nero”. Ricorrendo al lavoro sommerso, spiega il Palazzaccio, l’ex moglie “sarebbe tenuta, secondo la valutazione dei giudici di merito, a violare la normativa fiscale e previdenziale, o ad assumersi la responsabilità di tale più che legittimo rifiuto e vedere ridotta la misura dell’assegno di mantenimento”.


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