No alla facoltà di astensione per i suoceri chiamati a testimoniare nel giudizio di separazione

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Maltratta la moglie e i genitori di lui negano di esserne a conoscenza, è reato I genitori chiamati come testimoni nel giudizio di separazione dei figli, non hanno il diritto di appellarsi alla facoltà di astensione: l’incapacità a testimoniare discende dall’interesse nella causa.
Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 45311 del 5 dicembre 2011, ha annullato la sentenza impugnata rinviando al Tribunale di Chieti per una nuova deliberazione.


La sesta sezione penale ha ritenuto errata la decisione dei giudici di merito di concedere la facoltà d’astensione ai genitori che, chiamati come testimoni nel giudizio di separazione tra il figlio e la coniuge, hanno negato di essere a conoscenza dei maltrattamenti subiti dalla donna a opera del figlio.


Piazza Cavour ha osservato che “ai fini della esclusione della punibilità ai sensi dell’articolo 384 cpp, commessa in una causa civile, l’interesse che rende una persona incapace a deporre si identifica, secondo quanto dispone l’articolo 246 cpc., con l’interesse giuridico personale, concreto e attuale a proporre una domanda e a contraddirsi, sia sotto l’aspetto di una legittimazione primaria, sia sotto quello di una legittimazione secondaria, mediante intervento adesivo indipendente, per cui non è rilevante un interesse di mero fatto, non sorretto da una posizione di diritto sostanziale giuridicamente tutelabile”. Al riguardo, dunque, l’incapacità a testimoniare nella causa civile discende dall’interesse in capo al teste, che potrebbe legittimare la partecipazione al giudizio ai sensi dell’articolo 246 cpc.

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