Il Prof. Matteo Villanova risponde a "DOMANDE SULLA PEDOFILIA" a cura di Gilda Fasolino

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 Cos’è la Pedofilia?


“Se una Parafilia è una condotta sessuale ove l’oggetto del desiderio sessuale è qualcosa di diverso da un adulto, la Pedofilia rappresenta una parafilia in cui l’ oggetto del desiderio sessuale è una persona che presenta tratti prevalenti della morfologia estetica e della Personalità del minore, caratterizzati quindi da immaturità espressiva dei caratteri sessuali secondari e di reattività emotivo-affettiva.


L’eccitazione viene attivata attraverso l’approccio o l’evocazione immaginifica  prevalentemente riferita a referenti sessuali riguardanti una persona ancora in età evolutiva ed assume sempre significato di Perversione, in quanto rappresenta una violenza e produce danno in varia entità, essendo il minore ancora incapace di esprimere un consenso libero e maturo, autodeterminandosi nella scelta dell’approccio con l’adulto”.


 


 


 


La Pedofilia ha un volto solo?


 


“Con riscontro nella Letteratura internazionale, distinguiamo tre tipologie pedofile. Vi sono i “preferenziali” o “fixed pedofiles”, che comprendono tre sotto-tipi:i Seduttivi, recuperabili solo se in costante trattamento; gli Introversi, considerati recuperabili con trattamento integrato per il potenziamento dell’autostima; i Sadici, vittime della “Sindrome abusato-abusatore” in quanto a propria volta nel 95% già vittima di abusi sessuali durante l’infanzia, caratterizzati da difficile recuperabilità. Poi vi sono i “situazionali” o “opportunist pedofiles”, che includono quattro sotto-tipi: i Repressi, gli Inadeguati, gli Indifferenti morali e gli Indifferenti sessuali, ognuno con una propria fisionomia”. Infine vi sono i “detentori non fruitori”(come da me definiti nel 2006), caratterizzati per essere produttori, trafficanti ed accumulatori di materiale pedo-pornografico, ma non utilizzatori, unicamente per motivi di vantaggio materiale ”.


 


 


                    Impellenza ed urgenza sono stati emotivi legati ai comportamenti pedofili?


La compulsione sessuale è la condizione in cui un soggetto cerca di raggiungere la gratificazione pulsionale, dovendo soddisfare un bisogno primario, appunto una “pulsione” o “trieb” di freudiana memoria, che nasce nella parte più arcaica del cervello, nel modo più immediato.


Da quanto prima spiegato, solo la sotto-tipologia del Sadico fra i Preferenziali e dell’Indifferente morale fra i Situazionali presentano una componente di compulsività distruttiva portata all’ azione diretta, in assenza di coscienza di malattia, di prevenzione e di trattamento. Comunque tale paventato ed aborrito comportamento è solo la punta dell’iceberg del fenomeno pedofilo, non la peggior minaccia verso l’età evolutiva”.


 


 


 Viene naturale chiedersi quale sia la peggior minaccia.


“Paradossalmente la prognosi di maggior danno sulla Personalità di un bambino coinvolto in una dinamica di erotizzazione precoce con un adulto appartenente alla sotto-tipologia del Seduttivo e che potrebbe addirittura anche avere scarsissimi approcci fisici al bambino ma causare danni gravissimi. Quest’ultimo, infatti, induce sentimenti di indegnità e di colpa nel minore a causa del suo coinvolgimento, abbattendone l’autostima, attraverso la commistione fra affettività verso l’adulto e percezione di contenuti trasgressivi a connotazione sessuale adulta.


L’intensità di tale relazione costringe irrimediabilmente la Personalità in formazione del bambino ad introiettare quei contenuti che lo porteranno, una volta adulto, a mettere in atto la “Sindrome abusato-abusatore” ed attuando comportamenti simili a quelli subiti. Il motivo profondo di tale reazione  è che il bambino, una volta cresciuto, cerca di farsi una ragione di quanto subito, per permettere a se stesso di sopravvivere e non disgregarsi verso la psicosi, come in molti casi invece avviene”.


 


 


 Il pedofilo è in grado di reprimere le sue pulsioni?


“Anche il modo di porgere questa domanda lascia trasparire le convinzioni dell’immaginario collettivo filtrate dai mass-media e che non corrispondono alle realtà cliniche.


Nelle Sindromi pedofile sono sempre presenti nuclei di immaturità e psicopatologia, sia nell’evidente disadattamento e sia nello stato di disagio celato sotto una apparente “normalità” di inserimento ed adattamento sociale. Parlare di possibilità di controllo significa solo parlare della possibilità di chiedere aiuto, favorendo coscienza di malattia e motivazione al trattamento da parte del portatore della Sindrome stessa”.


 


 


 


E’ come dire che il pedofilo non ha capacità di autocontrollo…


“Un soggetto affetto da una tipologia delle Sindromi pedofile, senza adeguati presidi preventivo-trattamentali, non può essere in grado di controllare le proprie pulsioni. Sarebbe come chiedere ad un paziente affetto da una qualunque patologia organica di non esprimere uno stato di malattia, con estinzione dei sintomi semplicemente controllando i propri istinti e magari senza cure e per paura di essere punito ad ogni sintomo riconoscibile”.


 


 


Esiste un’origine comune ai comportamenti disturbati del pedofilo?


“Alla base di ogni comportamento a prevalenza parafilica c’è sempre una situazione traumatizzante intercorsa durante lo sviluppo pulsionale-libidico e nel caso delle Sindromi pedofile tali elementi traumatizzanti corrispondono a situazioni di erotizzazione precoce, con coinvolgimento in flussi emozionali a componente di trasgressività penalizzante e sessualizzati nella dimensione adulta. La dimensione vessatoria del trauma non dipende soltanto dalla relazione con l’adulto abusatore ma soprattutto dal contesto in cui si realizza il vissuto e dal clima emozionale conferito dalla cornice ove si verifica l’evento che coinvolge il bambino. In tutto questo l’“immagine mentale”, ovvero l’attribuzione di significato trasgressivo attribuito al ricordo del vissuto, è più importante di quanto in realtà avvenuto”.


 


 Il pedofilo tipo è immaginato appartenente al mondo maschile. E’ giusto?


 “ Anche questa è una falsa convinzione derivante dall’ immaginario media-mediato. In realtà sulle Sindromi pedofile non abbiamo specifici dati epidemiologici attendibili, differiti per età, sesso ed incidenza, visto che questi soggetti non chiedono aiuto spontaneamente per il timore della punizione e della riprovazione sociale. Tuttavia dalla osservazione clinico-forense diretta è possibile riconoscere un panorama variegato ove fra gli adulti attori delle condotte-sintomo sono equamente rappresentati entrambi i sessi ma con diverse modalità di azione”.


 


 


 Perché molti preti sono pedofili?


“Anche questa è una convinzione puramente mediatica e non ha nessun supporto scientifico. In tutta la popolazione sono presenti soggetti collocabili fra quelli affetti da Sindromi pedofile ed i sacerdoti rientrano nella popolazione come altre categorie sociali. L’unica spiegazione che mi sentirei di dare, a proposito del la pedofilia nella Chiesa,  è che un adulto a rischio di condotte parafiliche, nella sua immaturità e mancanza di “coscienza di malattia”, allo stato attuale ha ben poche possibilità di essere aiutato ed a volte può addirittura cercare scampo da se stesso e dal mondo in un luogo sacro, lontano da situazioni di rischio. Quanti ho visitato per consulenze legate alla pedofilia e provenienti dal Culto, in par misura rispetto a tutte le altre figure di Professionisti impegnati in missions sociali ed etiche altrettanto responsabilizzanti ma meno mediaticamente attraenti e perciò anche meno stigmatizzate, per lo più avevano scarsa conoscenza delle dinamiche  di possibile danneggiamento messe in atto, in ogni caso consistenti solamente in effusioni affettuose rivolte al bambino e giammai vissute come sessuali dall’ adulto, che una volta informato e redarguito circa la possibilità di fraintendimento delle modalità di approccio messe in atto con il minore, non solo immediatamente modificava i propri comportamenti ma si impegnava anche a trasmettere i contenuti appresi a quanti altri altrettanto interessati per tipologia di responsabilità sostenuta”.


 


 Il celibato obbligatorio può danneggiare la natura umana, dando vita a perversioni?


“Anche questa domanda nasce dalla confusione mediatica tendente a scambiare causa per effetto. Nessuno è obbligato ad intraprendere il cammino ecclesiastico e soprattutto a rimanervi, individuando ugualmente nella possibilità di quotidiana Prelatura personale l’ opportunità di una Santificazione della propria esistenza e del proprio operato. Il problema non è il celibato, ma l’attenzione per il percorso psicoterapico ed educativo riservato ai bambini abusati e vittima di situazioni a rischio ed alle loro famiglie, che se non curati rimangono a rischio di divenire pedofili. Sia che entrino in Seminario sia che decidano di andare da qualunque altra parte nella Società”.


 


Sullo scandalo di pedofilia nella Chiesa, il Vaticano ha affermato: “Per chi abusa minori l’inferno sarà più duro”. Eppure dai più si invoca anzitutto la giustizia terrena…


“ La Prevenzione primaria è la riduzione del rischio, la riduzione del danno riguarda la secondaria e l’ intervento di riduzione delle conseguenze del danno riguarda la terziaria. Quest’ultima comprende gli interventi punitivi e si attiva a seguito del fallimento di ogni attenzione formativa e preventiva realmente efficace in età evolutiva La prevenzione terziaria espone alla repressione ed alla paura della vendetta chi, di fatto, è più bisognoso di altri di affiancamento, accoglimento, presa in carico, sostegno, consapevolezza del disagio, levitazione della coscienza di malattia, motivazione al trattamento, adesione al cambiamento, ad ogni età”.


 


Il suo approccio alla pedofilia ha una spiccata tendenza alla comprensione, lontano da qualsivoglia condanna. Il dolore delle vittime viene dopo la necessità di recuperare il pedofilo?


“La storia dei sex-offenders è tutta basata sulla vittimologia e vi sono due distinti scenari di intervento, su chi ha già commesso il reato e su chi potrebbe commetterlo. Il primo ha già delle vittime, il secondo continua ad essere vittima. Ognuno merita un’attenzione specifica e comunque l’investimento più grande non può essere nell’ immediato e sul reato già commesso ma in una scommessa riservata alle nuove generazioni di disagio, che dovrà da subito trovare offerta di aiuto. Inoltre la Mediazione penale e la Giustizia ripartiva offrono speranza di intervento”.


 


 In quale modo  si combatte la Pedofilia?


“Come già sottolineato, l’unico intervento efficace consiste nel favorire la richiesta di sostegno da parte di chi, già adulto, percepisce un disagio. A tal fine, è importante permettere al pedofilo di essere aiutato senza doversi nascondere o isolare nel timore di essere pericoloso o di suscitare uno scandalo. Occorre, nel contempo, una maggiore attenzione all’infanzia ed all’adolescenza attraverso la formazione tecnica e metodologica di Professionisti impegnati nelle varie Agenzie di Formazione primaria riguardanti questa età, ovvero Famiglia, Scuola, Culto, Mass Media, Second life…”.


 


 


 


 


 Assistenza e prevenzione come si traducono in concreto?


“Attraverso la sfida educativa e formativa, spostando l’ attenzione dall’ ambito puramente legislativo-repressivo a quello preventivo-terapeutico, ove nessuno debba aver paura di essere malato e la giusta condanna possa essere l’ obbligo di essere curato.


I livelli di intervento sono tre. E’ necessario innanzitutto che il pedofilo prenda coscienza della sua malattia, successivamente che aderisca a nuovi modelli di comportamento, e poi che attui una crescita maturativa attraverso l’ immisione a livello inconscio di nuovi contenuti ristrutturati, attraverso tecniche immaginifiche dirette o indirette di intervento psico-educativo e psico-terapico combinato e pluristrategico, come, oltre all’ ipnosi-terapia (per l’ autostima ed i Referenti sessuali da far evolvere) e l’ EMDR (per rimuovere i traumi), i films, i libri, i focus-groups, la Secon-life, l’ auto narrazione, il teatro (per rimodellare e rcuperare l’ environment di appartenenza), ecc”.


 


 


Sul piano sanzionatorio, pare avere tendenza dominante la richiesta di pene molto più severe di quelle attualmente previste dalla legge italiana.  Tali sanzioni hanno, nel sentire collettivo, funzione principalmente retributiva, oltre che di difesa sociale, e solo in piccola parte intimidatoria, essendo chieste anche da chi le ritiene ininfluenti sulla commissione del reato. E in fondo, ammettere tale tipo di funzione sanzionatoria, significa riconoscere la piena responsabilità del pedofilo per le sue azioni, la quale non concorda con l’opinione che esso sia malato e necessiti di trattamenti sanitari. Cosa ne pensa?


“L’ inasprimento delle pene non ha azione deterrente su questo tipo di reato, anzi, ne aumenta la percezione di trasgressività esistenziale. Intendo però precisare che considerare bisognoso di trattamento chi è affetto dalla Sindrome pedofila non significa che chi commette questi reati debba tornare a casa come se nulla fosse accaduto. Si tratta, per le nuove generazioni, di non arrivare al fatto-reato, attraverso il lavoro di Rete da porre in essere preventivamente sul territorio.  Invece, per chi si trova già nelle condizioni di commettere il reato (il che sarebbe “come se” lo avesse commesso), vale il messaggio di essere pronti a curare senza marginalizzare, rispettando la riservatezza dell’ intervento e la prevenzione lascia spazio ad un processo di riabilitazione e risocializzazione che il neuropsichiatra deve guidare con l’ausilio degli altri professionisti competenti”.


 


 


Ritiene che i mezzi di comunicazione svolgano il proprio compito di informazione  in maniera corretta?


“Assolutamente no. Il bene tutelato è spesso il sensazionalismo della testata o la visibilità del giornalista o dell’ “esperto” intervistato e comunque si parla sempre di fatti accaduti e mai del perché del loro accadimento. I mass media operano una grande confusione e disinformazione in relazione alla natura della Sindrome pedofila ed alle possibilità di prevenzione e cura, considerandone unicamente come criminali e non come malati da curare i portatori. Questa realtà impedisce a quanti, pedofili o a rischio di divenire tali dopo episodi di abuso sessuale in età evolutiva, di chiedere aiuto senza timore di ricevere unicamente ostracismo o addirittura vendetta sociale.


Nella quotidiana attività clinica e forense, ho valutato circa dieci nuovi casi a settimana da venticinque anni e con maggiore riferimento negli ultimi dieci anni all’ età evolutiva. Circa la metà di questi casi riguardano situazioni di disagio a compensazione parafilica e fra queste la dimensione pedofila è ricorrente; facendo quindi qualche calcolo, posso dire allo stato attuale di aver visitato almeno duemila portatori della Sindrome nelle varie tipologie, fra vittime ed autori…


 


 


E’ indubbio che per il culto dell’apparenza tutto è bene, purchè generi notorietà…


Io ho rifiutato di presenziare a molte trasmissioni di questo genere e spesso mi confronto con giornalisti che concludono dicendo “noi informiamo, non possiamo formare”,  indifferenti alla mission etica che intrinsecamente li riguarda e li lega strettamente ad un impegno che, attesa la grande incisività del mezzo mediatico, spesso assume valore ippocratico simile a quello delle professioni di aiuto”.


 


 


 


Una domanda che sottintende una speranza. Di pedofilia si può guarire?


“Intanto ci si può non ammalare, attuando corrette politiche sociali di Prevenzione primaria attraverso una maggiore attenzione all’ apporto formativo e neuro-psichiatrico dell’età evolutiva. L’ obiettivo da diffondere e condividere nella costruzione della Rete territoriale è l’ invio del bambino a rischio evolutivo al neuropsichiatra infantile, così da attingere agli strumenti terapeutici di ristrutturazione globale della Personalità. Ma perché questo avvenga bisogna formare insegnanti, genitori, educatori, legali, affinché sappiano riconoscere i segnali di allarme per offrire il proprio contributo etico e deontologico”.


 


Insisto. Ammesso un fallimento di prevenzione, si riesce a salvare il pedofilo dalla sua patologia?


 “In un percorso terapeutico psico-educativo e riabilitativo, da rendersi obbligatorio in accertamento della Sindrome, la spinta libidica o pulsione anziché essere soltanto inibita farmacologicamente o controllata istituzionalmente, può maturare ed essere orientata verso referenti sessuali presenti in oggetti sessuali diversi dal minore attraverso la cosiddetta“evoluzione maturativa dei referenti sessuali. Inoltre in tutti i casi giunti all’ attenzione deve essere correttamente individuata e curata la patologia di carattere neuropsichiatrico, per esempio la depressione o la bipolarità, della quale l’ Autore di reato sessuale è sicuramente portatore, in maniera spesso mascherata e pur in adattamento sociale. In concreto sarà possibile orientare la spinta sessuale verso oggetti del desiderio sessuale adulti e quindi operare, attraverso un recupero e riattamento sociale, la guarigione di quei Soggetti che, portatori della Sindrome abusato-abusatore, sono affetti da Sindrome pedofila”.


 


 Qual è il ruolo delle terapie farmacologiche?


“Dove sono necessari vanno usati i farmaci (o gli anti-androgeni, ma solo in fase acuta e mai come mantenimento) e sempre dopo una corretta diagnosi della patologia di fondo o altri metodi, come per il Ritardo mentale, così tanto presente come “patologia definita” di partenza nelle sotto-tipologie dell’ Inadeguato fra i Preferenziali e dell’ Introverso (può essere portatore di Ritardo mentale lieve) fra i Situazionali, incrementando la “flessibilità cognitiva” con il metodo di Raven Feuerstein, purtroppo così poco conosciuto e praticato in ambiente riabilitativo-sessuale”.


 


 


 


Come si attesta l’Italia sulla scala della prevenzione della Pedofilia?


“In Italia ci sono stati vari progetti , per esempio WOLF e FOR WOLF, e iniziative legislative tutte con partenza dal reato e questo è il vero fallimento, così come il percorso intramurario che spesso è solo limitato a passare tutto il giorno in cella senza operare una crescita maturativa senza un Educatore che consenta realmente di progettare ed attuare un percorso personalizzato”.


 


Da dove parte il cambiamento nella lotta alla Pedofilia?


“Da un lavoro impegnativo e costante, non solo di carattere istituzionale e giudiziario ma, soprattutto educativo e terapeutico, fatto di tanta passione”.


 

Commenti su Il Prof. Matteo Villanova risponde a "DOMANDE SULLA PEDOFILIA" a cura di Gilda Fasolino

  1. Rosalba Bandiera

    molto interessante davvero quello che ha scritto…solo che deve essere messo a conoscenza di tutti…sempre che lo leggano…molti magari hanno delle problematiche ma non sanno a chi rivolgersi..è sempre la solita storia…vergogna..paura..e rimangono nell’anonimato…facendosi e facendo del male…ma c’è tanto altro da dire.

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