CASSAZIONE: ROM MANDA FIGLI A RUBARE, E’ RIDUZIONE IN SCHIAVITU’

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(AGI) – Roma, 7 lug. – Il nomade che costringe i propri figli, o parenti minorenni, a compiere furti va sottoposto a una custodia cautelare in carcere per il reato di riduzione in schiavitu’. Lo si evince da una sentenza con cui la Cassazione ha confermato un’ordinanza del tribunale del Riesame di Trieste, che aveva disposto la misura cautelare del carcere nei confronti di un uomo ed una donna di etnia rom, indagati per furto pluriaggravato continuato e riduzione in schiavitu’ di 5 minorenni, loro figli o comunque membri del nucleo familiare. I due avevano presentato ricorso alla Suprema Corte, poiche’, a loro dire, il tribunale non aveva considerato che i bambini in questione erano loro stretti congiunti, e che non erano sottoposti a “un regime di totale soggezione” e che su di essi “non erano stati riscontrati segni di violenza”, per cui non era ravvisabile l’ipotesi di riduzione in schiavitu’ prevista dall’articolo 600 del codice penale.


Gli ‘ermellini’, dopo aver rilevato che da intercettazioni telefoniche emergeva anche che i due indagati avevano deciso di “dare in prestito” uno dei bimbi a una persona non identificata, hanno dichiarato inammissibile il ricorso dei due nomadi osservando che “il fatto che si trattasse di figli o di appartenenti al nucleo familiare non muta evidentemente i termini della questione perche’ il reato di cui trattasi si consuma quando l’agente tratti ‘uti dominus’ una persona, familiare o non familiare che sia”. Nel caso di specie, si legge nella sentenza n.25192, “vi e’ stato un chiaro abuso di autorita’ ed un approfittamento delle condizioni di inferiorita’ fisica e psichica dei minori”.

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