DIVORZIO, LA REVOCA DELL’ASSEGNO DECORRE DALLA DATA DELLA DOMANDA GIUDIZIALE

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Chi vuole la revoca dell’assegno divorzile deve sbrigarsi a chiederla: in caso di successo, infatti, il decreto avrà effetto solo dalla data della domanda giudiziale e non dal momento in cui si è verificato l’evento che fa venire meno il diritto del coniuge “debole”, come ad esempio un’eredità che ne abbia mutato sensibilmente le condizioni economiche. Fin quando non scatta la revoca il beneficiario della contribuzione conserva i diritti collegati come quello di chiedere una quota di Tfr (Trattamento di fine rapporto) dell’onerato. È quanto emerge dalla sentenza 11913/09 della Cassazione.
La destinataria dell’assegno divorzile riceve un lascito dalla madre nel lontano 2000. Ma l’onerato presenta il ricorso soltanto nel dicembre 2002. Il bello è che appena pochi mesi prima, in luglio, lui ha incassato l’indennità di fine rapporto e sul Tfr una quota spetta di diritto all’ex moglie. Il marito ottiene la revoca dell’assegno, ma non a partire dalla data dell’eredità di cui ha beneficiato lei. Eppure – sostiene l’onerato – è quello il momento in cui sorge il fatto ostativo al diritto all’assegno divorzile in capo al coniuge “debole”. Perché sbaglia? I provvedimenti che contengono le disposizioni economiche per i coniugi, come d’altronde quelli sull’affidamento dei figli, producono i loro effetti fin quando non interviene un altro provvedimento giurisdizionale che li modifichi. E quest’ultimo, secondo i principi generali dell’ordinamento, non può avere un’efficacia anteriore alla domanda giudiziale (ma posteriore sì, a discrezione del giudice.
Il provvedimento che fissa l’assegno divorzile ha un’efficacia limitata nel tempo, ma fino all’eventuale modifica conserva le caratteristiche tipiche di autorità, intangibilità e stabilità. Dunque? Il momento in cui sono maturati i presupposti per la revoca dell’assegno risulta del tutto ininfluente. Sta a chi non vuole più versare il contributo mensile chiedere tempestivamente lo stop: nel frattempo il giudicato continua produrre i suoi effetti, in positivo e in negativo, e all’attribuzione dell’assegno – fino a eventuale revoca – è collegata l’attribuzione dei diritti connessi come quello relativo alla quota del Tfr.


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