Con l’ordinanza n. 14358 del 29 maggio 2025, la Suprema Corte è tornata ad affrontare il delicato rapporto tra l’instaurazione di una nuova convivenza da parte dell’ex partner e la conseguente perdita del diritto al mantenimento. La pronuncia della Cassazione mira a fare ordine tra le diverse interpretazioni, stabilendo un principio fondamentale: la nuova convivenza non determina automaticamente la perdita del diritto all’assegno divorzile.
La Cassazione sottolinea che la decisione non può essere automatica, ma richiede un’analisi approfondita della situazione.
Per poter revocare il diritto al mantenimento, il giudice dovrà tenere conto di una serie di elementi, bilanciando diverse sfaccettature della vita delle parti:
- la durata del matrimonio: un matrimonio lungo può implicare un maggiore radicamento del diritto al mantenimento, legato a scelte di vita e sacrifici condivisi nel tempo;
- il contributo offerto dal coniuge economicamente più debole alla vita familiare: si valuterà quanto il coniuge che percepisce il mantenimento ha contribuito al ménage familiare durante il matrimonio, ad esempio dedicandosi alla cura dei figli o della casa, e rinunciando magari a proprie opportunità professionali;
- l’eventuale sacrificio delle proprie aspettative professionali: il giudice considererà se uno dei coniugi ha sacrificato la propria carriera o formazione professionale per dedicarsi alla famiglia, influenzando così la sua capacità di generare reddito dopo il divorzio;
- la reale situazione economica derivante dalla nuova convivenza: questo è un punto molto delicato. La revoca del mantenimento avverrà solo nel caso in cui la nuova convivenza comporti una nuova autosufficienza economica effettiva per il coniuge che lo riceve. Ciò significa che il nuovo livello di vita deve essere paragonabile a quello precedente al divorzio o, comunque, considerato adeguato alle sue esigenze, rendendo di fatto superfluo il contributo dell’ex coniuge.