La Cassazione Civile sezione 2 con ordinanza numero 1254 del 18 gennaio 2025 ha stabilito che: ” .. quanto alla contestazione del messaggio whatsapp prodotto, si rileva che i messaggi “whatsapp” e gli “sms” conservati nella memoria di un telefono cellulare sono utilizzabili quale prova documentale e, dunque, possono essere legittimamente acquisiti mediante la mera riproduzione fotografica, con la conseguente piena utilizzabilità dei messaggi estrapolati da una “chat” di whatsapp” mediante copia dei relativi “screenshot”, tenuto conto del riscontro della provenienza e attendibilità degli stessi (Cass. Sez. U, Sentenza n. 11197 del 27/04/2023), quando il diretto interessato, cioè colui contro il quale sono utilizzati, ne disconosce la loro conformità all’originale (cfr. Cass. civ., Sez. 2a, sent. n. 19622/2024; sent. n. 11584/2024; ord. n.30186/2021).
Seppure non dotati di firma, questi documenti informatici sono dati giuridicamente rilevanti e, pertanto, costituiscono prova dei fatti oggetto del procedimento.
Il disconoscimento (ex art. 2712 c.c.) dovrà essere chiaro e circostanziato ed essere supportato da prove documentali attestanti la mancata corrispondenza tra la realtà fattuale e il documento prodotto, poiché non sono sufficienti le asserzioni generiche contenute nell’atto difensivo, senza produrre le “circostanze idonee“. Le copie fotografiche di scritture (art. 2719 c.c.), sottolinea l’ordinanza della Cassazione, hanno la stessa efficacia di quelle autentiche, quando la loro conformità con l’originale è attestata da un pubblico ufficiale competente ovvero non è espressamente disconosciuta. La semplice trascrizione dei messaggi WhatsApp non è utilizzabile senza la produzione dei supporti informatici contenenti le conversazioni.