UNIONI CIVILI: ATTACCO ALLA FAMIGLIA?

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Siamo entrati in Europa, l’Europa dei diritti civili, con notevole ritardo rispetto a tutti gli altri.

Anche la Grecia ci ha anticipato con il varo di una legge che regola le unioni civili degli amori omosessuali.

Meglio tardi che mai. Ma restiamo sempre gli ultimi.

Da noi le battaglie di civiltà giuridica e sociale devono sempre superare sentieri tortuosi, tra un mare di polemiche, ingerenze, dogmi, strumentalizzazioni politiche, referendum.

Tutti ricordiamo cosa successe nel 1970 con il varo della legge n. 898 che introdusse anche da noi il divorzio e ci rendiamo conto di quanto sia difficile essere cittadini del più bel Paese del mondo.

Il divorzio spaccò in due l’Italia. Eppure in Francia già esisteva da un secolo e mezzo e così era già realtà in tutto l’Occidente. Anche allora successe il finimondo.

Nel 1974 fu indetto il referendum per abrogarlo. Chi lo promosse era convinto che, numeri alla mano, il divorzio sarebbe stato spazzato via senza problemi.

Non fu così. Il voto di coscienza prevalse sui diktat di partito e di parrocchia e, contro ogni previsione, il divorzio sopravvisse. Fu uno smacco per coloro i quali sostenevano ostinatamente l’indissolubilità del matrimonio a prescindere dai sentimenti e la possibilità di tenere sotto controllo le coscienze degli italiani e di tutti i cattolici.

Stessa situazione per l’aborto.

Chi sosteneva la negatività del divorzio parlò di “attacco alla famiglia”.

Stessa tesi è stata utilizzata per la procreazione assistita eterologa (senza tenere conto del turismo procreativo) e per non equiparare i figli “naturali” ai figli “legittimi” e per non far passare il divorzio breve (senza tenere ipocritamente conto del turismo divorzile).

Ogni cambiamento, ogni riforma in linea con l’Occidente, è stato ritenuto da alcuni reazionari ad oltranza un attacco ai valori.

Ormai un disco rotto, un noioso argomento di chi si è sempre opposto e che si oppone ad oltranza ad ogni cambiamento.

Oggi il più moderno di tutti è proprio Papa Francesco che sta per cambiare duemila anni di storia. È il paradosso del momento.

C’è qualcuno che ha speso la propria vita soltanto per vietare l’esercizio dei diritti fondamentali, senza proporre niente per salvare l’istituto del matrimonio (ormai non ci si sposa quasi più) o incentivare il tasso di natalità (siamo il Paese della terza età per eccellenza). L’importante è vietare ottusamente in nome del dogma o del “diritto naturale” (?).

Mentre il matrimonio moriva e muore, dati statistici alla mano (perché oggi sposarsi e mettere al mondo figli è roba per ricchi, per incoscienti), i soliti noti pensavano, e pensano tutt’ora, a mantenere pachidermico e infinitamente lungo il processo di separazione e divorzio o a maledire tutto ciò che metta in discussione la “tradizione” o il matrimonio del Mulino Bianco.

E così altre barricate insulse per il varo delle unioni civili, anch’esse ritenute, in mala fede, un virus mortale per la famiglia e per il matrimonio.

Il matrimonio sta morendo perché le banche non concedono più mutui se non ai ricchi, perché il costo degli affitti è proibitivo, perché mettere al mondo un figlio significa far morire di fame l’intera famiglia.

Perché non parliamo di assenza di politiche per la famiglia, invece di maledire un istituto nuovo che mira solo a tutelare diritti e a sancire doveri? Che nesso c’è?

Non si salva il matrimonio italiano comprimendo i diritti degli omosessuali e/o dei conviventi di fatto.

Con tali barricate si vuole fare intendere che tutto il resto dell’Occidente è immorale e che solo noi siamo i depositari di valori?

Ci andrei piano con questo messaggio…

La omosessualità esiste da quando esiste l’uomo. Non è una “moda” del momento. La storia parla da sé, specie quella degli antichi romani e greci.

In Italia vi sono milioni di omosessuali. Volevamo tenerli nella riserva indiana per salvaguardare la “tradizione” o ciò che noi riteniamo “normale”?

Chi è liberale guarda in faccia alla realtà, si mette continuamente in discussione e talvolta riesce anche a cambiare idea.

Chi è liberale non può essere prigioniero di schemi rigidi, di stereotipi, di incapacità di comprendere che i diritti civili non possono essere negoziabili o decisi per categoria o per orientamenti sessuali. Esistono i diritti delle persone. Solo quelli.

Si è toccata con mano in questi ultimi anni troppa sofferenza, troppa feroce rigidità, troppi luoghi comuni nei confronti delle coppie omosessuali. Tutto questo doveva finire. Bisognava voltare pagina definitivamente.

Se due persone dello stesso sesso regolano il loro rapporto con un istituto che stabilisca diritti e doveri, anche, e soprattutto, sul piano economico, patrimoniale e sociale, la mia vita non cambia, nulla mi viene tolto, non mi sento in pericolo.

Anzi sono più sereno nel constatare che nessuno è stato tenuto fuori dalla porta di accesso ai diritti civili.

Si, perché vivere in un Paese sereno, libero, senza discriminazioni, senza più divisioni, è l’unica cosa che conta ed è l’unica cosa che restituisce serenità a tutti noi.

A mio parere il vero attentato alla famiglia è constatare che un asilo nido costi 600,00 euro al mese e che molte madri vengono lasciate sole al loro destino insieme ai loro figli, con tutti i problemi connessi al loro lavoro e al loro futuro.

Prima ci si sposava tutti, facevamo figli come conigli. Oggi ci si sposa pochissimo e si fa un  figlio per coppia, come i cinesi.

Forse dovremmo scendere in piazza per questa situazione e non perché Francesca e Michela piuttosto che Mario e Giovanni hanno deciso di vivere alla luce del sole e, con la dignità della legge, la loro realizzazione sentimentale.

Nessuno dovrà più nascondersi e nascondere la propria omosessualità in uno stato di diritto degno di tale nome. Nessuno dovrà essere considerato di serie b o portatore di valori non meritevoli di tutela.

Sicuramente questa legge non è perfetta.

Molto si dovrà ancora fare. Ma questo è lo scotto da pagare quando vi è in atto una rivoluzione culturale del nostro Paese.

Qualcuno sostiene che l’Italia avrebbe avuto ben altre priorità cui dare la precedenza.

Non credo. I diritti civili vengono sempre al primo posto.

Del resto da trent’anni si aspettava una legge che tutelasse anche un altro modo di amarsi. Eravamo già fuori tempo massimo. E poi, anche se si trattasse di tutelare i diritti di due persone soltanto e restituire loro una legittimazione sociale e giuridica, la loro vicenda sarebbe comunque una priorità per tutti.

L’Italia è cresciuta da ieri, ma questo lo capiremo tutti solo un domani.

C’è un giovane nel mio stabile che mi ha confessato che non ha i mezzi per sposare la donna che ama da anni. È un uomo in crisi.

È questo che mi fa paura.

Tutto il resto è noia.

Gian Ettore Gassani

Presidente Nazionale dell’Associazione

Avvocati Matrimonialisti Italiani

 

 

 

Commenti su UNIONI CIVILI: ATTACCO ALLA FAMIGLIA?

  1. Salvatore Maccarrone

    Nessun attacco alla famiglia che è e resta tutelata nelle forme previste dalla Costituzione. Al contrario, non si comprende perché non debba trovare regolamentazione un’altra espressione ed esigenza sociale. L’incapacità di distinguere la fede con la laicità dello Stato, appesantita da chi in perfetta malafede e comportandosi come una moderna santa inquisizione vuole imporre ad altri il suo credo, crea questi inutili quanto barbari conflitti sociali. La chiesa pensi a restituire i figli ai padri così come sono loro tolti, anche con artifici, dai giudici e lo Stato rimuova le difficoltà cui i padri sono posti rendendo paritaria la posizione dei genitori verso i figli.

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