Approvato dalla Camera il ddl sulle detenute madri

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Dopo il lungo e tormentato iter alla Camera che ha portato a numerose revisioni del testo originario passa ora all’esame del Senato il testo unificato contenente disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori. Il testo (As 2568) è stato assegnato alla commissione Giustizia di palazzo Madama.  L’articolo 1 della proposta di legge interviene in materia di custodia cautelare. Il comma 1 modfica l’articolo 275, comma 4, del codice di procedura penale prevedendo che quando imputati siano una donna incinta o la madre di un bambino sotto i sei anni non possa essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere, salvo che “esistano esigenze di custodia cautelare di eccezionale rilevanza”.  E In presenza di tali esigenze, il nuovo articolo 285-bis, introdotto dal provvedimento, prevede la possibilità di disporre la custodia cautelare della donna incinta, della madre di prole di età non superiore ai sei anni (o del padre nei casi indicati) in un istituto a custodia attenuata per detenute madri (ICAM), sempre che le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza lo consentano. Con norma transitoria la medesima disposizione prevede che fino alla completa attuazione del “Piano carceri” e comunque fino al 31 dicembre 2013, tale previsione si applichi nei limiti dei posti disponibili.  Il provvedimento prevede con norma di carattere generale la possibilità di scontare gli arresti domiciliari presso una casa famiglia protetta, se istituita. L’individuazione delle case-famiglia protette è disciplinata dall’articolo 4: spetta ad un decreto del Ministro della giustizia la definizione delle caratteristiche tipologiche delle medesime (anche con riferimento ai sistemi di sorveglianza e di sicurezza) e, sulla base di tali caratteristiche, l’individuazione delle strutture gestite da enti pubblici o privati idonee ad essere utilizzate come case-famiglia protette. L’articolo 2 del disegno di legge, attraverso l’introduzione dell’articolo 21-ternell’ordinamento penitenziario, disciplina il diritto di visita al minore infermo, anche non convivente, da parte della madre detenuta o imputata. La norma prevede l’obbligo per il magistrato di sorveglianza – in caso di imminente pericolo di vita o di gravi condizioni di salute del minore – di concedere il permesso, con provvedimento urgente, alla detenuta o all’imputata per visitare il minore malato, con modalità che, nel caso di ricovero ospedaliero, devono tener conto della durata del ricovero e del decorso della patologia. Nei casi di assoluta urgenza il permesso è concesso dal direttore dell’istituto. La disposizione prevede inoltre il diritto della detenuta o imputata di essere autorizzata dal giudice ad assistere il figlio durante le visite specialistiche, relative a gravi condizioni di salute. Il provvedimento deve essere rilasciato non oltre le ventiquattro ore precedenti la data della visita.


L’articolo 3 modifica gli articoli 47-ter e  47-quinquies dell’ordinamento penitenziario. Il comma 1, in particolare, in materia di detenzione domiciliare, prevede che la donna incinta o madre di prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente possa espiare la pena della reclusione non superiore a quattro anni (anche se costituente parte residua di maggior pena) nonché la pena dell’arresto anche presso una casa famiglia protetta (oltre che, come nel testo vigente, nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza). Il comma 2, invece, interviene in materia di detenzione domiciliare speciale delle condannate madri di prole di età non superiore a dieci anni; l’attuale comma 1 dell’articolo 47-quinquies prevede che, se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti e se vi è la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli, le detenute madri possono essere ammesse ad espiare la pena nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza, al fine di provvedere alla cura e alla assistenza dei figli, dopo l’espiazione di almeno un terzo della pena ovvero dopo l’espiazione di almeno quindici anni nel caso di condanna all’ergastolo. Il nuovo comma 1-bis,dispone che il terzo della pena o gli almeno quindici anni previsti dal comma 1, possano essere espiati presso: un ICAM; se non sussiste in concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti o concreto pericolo di fuga, nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza; in caso di impossibilità di espiare la pena nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora presso le case famiglia protette allo scopo realizzate. La disciplina introdotta non si applica nel caso di condanna per i reati di grave allarme sociale di cui all’articolo 4-bis della legge 354/1975.


IL SOLE 24 ORE

Commenti su Approvato dalla Camera il ddl sulle detenute madri

  1. tiziana falco

    Il rapporto sicuro e costante con la madre per un infante è la prima azione che possa garantire che l’infante diventi un giorno, un uomo sano ed equilibrato. E’ giusto tutelare per una garanzia sociale questo rapporto.
    Sicuramente con le dovute cautele e distinguendo la gravità dei reati.

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