GLI SMS INDESIDERATI? POSSONO ESSERE "UNA VERA E PROPRIA VIOLENZA PRIVATA"

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Secondo la Cassazione, un messaggino inviato a un coniuge tradito per indurlo magari a tirarsi indietro dal tentativo di riconciliazione non è una semplice molestia ma ”violenza morale”


Gli sms indesiderati? Possono essere condannabili come vera e propria violenza privata. Il giro di vite viene applicato dalla Cassazione che sottolinea come un messaggino inviato a un coniuge tradito per indurlo magari a tirarsi indietro dal tentativo di riconciliazione con la moglie sia qualcosa di più di una semplice molestia, una vera e propria ”violenza morale” condannabile in base al reato punito dall’art. 61 c.p. In questo modo la quinta sezione penale (sentenza 31758) ha confermato la condanna per violenza privata nei confronti di un napoletano di 55 anni, Carmine S., per avere inviato sms al marito della sua amante affinché recedesse dall’intento di riconciliarsi con la moglie Ester. L’uomo, inoltre, è stato pure condannato per reato di minaccia avendo tentato di indurre l’amante a riprendere la loro relazione, minacciandola di diffondere materiale audiovisivo con i rapporti sessuali avuti con la stessa.
Inutilmente Carmine S. ha tentato di alleggerire la sua posizione in Cassazione (la condanna per violenza privata e per minaccia era stata inflitta sia dal gup di Santa Maria Capua Vetere che dalla Corte d’Appello di Napoli, nel maggio 2007) sostenendo che i messaggini spediti al marito della sua amante non potevano essere condannati per violenza privata. Piazza Cavour ha respinto il ricorso e ha rilevato che ”i messaggi inviati al marito adombrano chiaramente una condotta di violenza privata ai danni del marito di Ester C. e denotano la conferma solare della violenza morale attuata nei confronti della donna”.
Insomma, conclude Piazza Cavour, i messaggini inviati al marito e le minacce rivolte all’amante non escludono ”il dolo dell’illecito contestato che consiste nella finalità di costringere la donna a riprendere la relazione extraconiugale”. Il ricorso di Carmine S. è stato dichiarato così inammissibile e, oltre a dover pagare le spese processuali, l’uomo dovrà pure versare 1.500 euro alla cassa delle ammende.


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